Cultura

“Anche se strillano chi li sente?” NOI.

di Chiara Valli

 

Ascoltateli.
Osservateli.
Buon divertimento”
Così comincia uno spettacolo teatrale molto, molto particolare tenutosi mercoledì sera al teatro Volta del Rione Scala di Pavia.
Sul palco emozionati e con i volti fosforescenti compaiono i giovani del Centro Diurno “Don Orione”, si tratta di una vera e propria compagnia teatrale “Le nuvole a zonzo”, il tutto è frutto di una collaborazione stretta, sì, perchè come tende a sottolineare la regista Stefania Grossi, i ragazzi non avevano un copione da rispettare, ogni battuta, monologo, pensiero, nasce dal percorso di ciascuno, dal singolo personale cammino che entra in collisione con le strade degli altri.
Portano in scena l’Amleto, e anche il nome dello spettacolo “Amleto o non Amleto?” nasce quasi per sbaglio da uno dei ragazzi che pronuncia all’improvviso “Essere, o non essere?”, ed allora si decide di seguire quell’idea, perchè alla fine ‘forse il dubbio accompagna tutti, e tutti siamo un po’ Amleto’.

Sulla falsariga del dubbio celeberrimo uno in fila all’altra nella penombra del palco ci elencano una serie di essereEnonessere, ‘essere qualcuno e non essere qualcosa’, ‘essere una donna e non una bambina’, una sorta di meta nata da una volontà di cambiamento, avventura non priva di scogli ed alture, lo si legge negli occhi, e nella voce che a tratti si rompe, ma che deve deve essere compiuta per sciogliere qualche interrogativo, e arrivare ad un nuovo stadio della propria esistenza, per guardarsi da una prospettiva diversa.
Ed unendo, mischiando, sciogliendo, amalgamando la tragenda di Shakespeare con ogni personale ‘vissuto’ riescono a far scorrere i due piani su binari diversi ma non con traiettorie distinte.
Su un livello infatti, pian piano si annoda e snoda la storia, con la comparsa della figura di Ofelia sulle note da Guccini, su un altro, compare un dottore.con cartella clinica e stetoscopio che ci descrive sindromi e sintomi dei protagosti, come l’ossessione, o il dubbio stesso.
L’aspetto interessante è come siano riusciti a rendere i personaggi funzionali allo scopo, Amleto, Ofelia, il Re di Danimarca, non sono i reali protagonisti, sono solo una sorta di spunto da cui si è sviluppata la trattazione, sono una sorta di figure da colorare, ed uscire dai contorni diviene un obbligo, non è interessante l’aderenza alla tragedia, è l’aspetto umano su cui tutta l’attenzione e la narrazione è focalizzata:
durante un soliloquio, questo esplode in una serie di interrogativi categorici: “Amare ed essere amato, o non amare e fare del male agli altri?”
“Essere pazzi ma avere ragione o essere normali ma non venire ascoltato da nessuno?”.

Non c’è risposta per queste domande se non l’unica possibile, ed anche l’ultima, sfilano uno ad uno davanti a noi, con De Gregori in sottofondo, lanciano il teschio verso la platea, passandoci il testimone, e urlano, urlano l’unica risposta disarmante e vera, l’unica scelta di vita degna di considerazione, “IO, sono me stesso”, non qualcuno né tantomeno qualcosa, non una principessa e neanche una schiava, e nemmeno solo una donna, iosono me stesso.

“Siamo un centro di salute mentale, ed il teatro fa bene alla salute”
Questo teatro sicuramente fa bene. Agli occhi, agli orecchi, al cuore.
Al cuore.

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