Cultura

Analfabeta a chi?!

In tempi recenti, la psicosi dell’analfabetismo funzionale in Italia dilaga in tutte le piattaforme a noi conosciute, virtuali e non. Cifre da capogiro, allarmanti prese di posizione e drastici rimedi spuntano come pustole di una piaga che ha un nome preciso, ma di cui non si conosce granché in realtà.

A differenza dell’analfabetismo di ritorno, dove è la mancanza di esercizio nelle tecniche di comprensione apprese che fa regredire il soggetto fino alla completa cancellazione delle competenze, l’analfabetismo funzionale è, fondamentalmente, l’incapacità di utilizzare i mezzi appresi durante la scuola dell’obbligo nella codificazione corretta di una qualsiasi informazione recepita, a livello scritto e parlato. È diventato oggetto di studi linguistici approfonditi solo di recente, vista la grande concentrazione di questo fenomeno in tutte le stratificazioni della società, nei social media in particolar modo. Non tutti gli articoli che trattano questo tema prendono in considerazione la totalità degli studi effettuati in tutto il mondo negli ultimi anni, riducendo il valore delle indagini o elidendo particolari rilevanti, spaventando troppo o troppo poco. Questo vuole essere una panoramica sulla situazione attuale, specialmente quella italiana.

Tra le indagini più accurate, per cominciare, lo IALS (International Adult Literacy Survey) ha la sua rilevanza: condotto a metà degli anni ’90, in tre tornate e su una totalità di 21 Paesi, questo primo studio ha tracciato una panoramica sul livello culturale degli abitanti delle varie nazioni, i quali hanno dimostrato la loro competenza attraverso questionari di grammatica, comprensione del testo, matematica, analisi e soluzione di problemi. L’Italia ne è uscita diciassettesima, con dietro Slovenia, Polonia, Portogallo e Cile.

Un altro studio importante di cui tenere conto è l’ALL (Adult Literacy and Lifeskills Survey), datato 2003, con solo 7 paesi partecipanti. Con modalità identiche allo IALS, l’Italia scende ulteriormente di posizione, classificandosi penultima, prima del Nuovo Leon (Messico), aggravando le condizioni, di per sé non ottimali, della situazione culturale italiana, non solo per quanto riguarda le vecchie generazioni, ma per le giovani, vittime di un disinteressamento quasi totale nei confronti dell’istruzione.

Il più recente PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), i cui primi risultati sono stati pubblicati nel 2014, ha coinvolto 24 paesi con modalità simili alle due precedenti indagini. L’Italia si piazza orgogliosamente ultima, scoraggiando del tutto qualsiasi speranza nel nostro sistema educativo.

Di fronte a questi dati così deprimenti, il cui scopo è far riflettere e, se possibile, cercare di dare un allarme concreto alla nostra società, mi chiedo dunque di chi sia la colpa. Queste analisi non possono e non devono restare ignorate, sono seri e minacciosi segni di un sistema sociale che sta cambiando. In un’era di continua scoperta e dominio tecnologico, le nostre menti si stanno impigrendo, nella convinzione che sia compito di altri correggersi, imparare e studiare; un atteggiamento peraltro, permettetemi la citazione, “molto italiano” quello di avvalersi del benaltrismo.

Siamo dunque alla soglia di una nuova era di obesità intellettiva, non patologica, ma liberamente auto inflitta dalla pigrizia, oppure la causa è da ritrovare nel cadente sistema scolastico italiano, obsoleto e sempre meno finanziato?

Al prossimo studio sulle competenze l’ardua sentenza.

 

 

 

 

Fonti

  1. Definizione analfabetismo funzionale e di ritorno (Enciclopedia Treccani)
  2. Fonti studi IALS
  3. Fonti studi ALL
  4. Fonti studi PIAAC

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