Attualità

Amnesty Pavia – Verità per Giulio Regeni

[Photo credits: AmnestyPavia/Twitter]

Un anno fa scompariva Giulio Regeni. Non a caso il 25 gennaio, il giorno dell’anniversario della Rivoluzione di Piazza Tahrir, quella gigantesca mobilitazione popolare che ha portato alla caduta del regime di Hosni Mubarak. Un giorno che per l’attuale Presidente Abdel Fattah al-Sisi significa timore, paura che la popolazione possa riunirsi di nuovo per chiedere quelle libertà e quei diritti che progressivamente sta negando e cancellando. In quello stesso giorno, non solo Giulio Regeni è stato prelevato dalla polizia, ma numerose abitazioni e appartamenti nei quartieri periferici del Cairo sono stati perquisiti e altri giovani sono stati imprigionati senza un valido motivo. In Egitto, infatti, i giovani e gli attivisti sono sempre più percepiti come una minaccia, portatori di un troppo forte risentimento nei confronti del potere e per questo vengono imprigionati e spesso torturati fino alla confessione di un reato mai commesso.

La vicenda di Giulio Regeni si inserisce in questo contesto di negazione e abuso nei confronti dei diritti umani. Quando il corpo esanime del giovane è stato rinvenuto, a 9 giorni dalla scomparsa, lungo l’autostrada che dal Cairo porta ad Alessandria, portava i segni di violenze ripetute (prima smentite dalla polizia egiziana ma confermate dal medico legale italiano). Le contrastanti versioni delle autorità egiziane, la debole reazione del governo italiano e i continui sconvolgimenti nel caso hanno convinto Amnesty International, una ONG dedicata alla difesa dei diritti umani nel mondo, a promuovere in Italia una campagna per la richiesta della verità sul caso Regeni come strumento di pressione nei confronti sia del governo e delle autorità italiane che egiziane.

Il riassunto della vicenda lo abbiamo pubblicato ieri. Oggi invece ne approfittiamo per parlare con Marco Lardera, responsabile delle campagne di Amnesty Italia per la Circoscrizione Lombardia e attivista del gruppo di Pavia.

Ad un anno dalla scomparsa di Giulio Regeni, quali sono gli effetti concreti della campagna Verità per Giulio Regeni di Amnesty International sia a livello nazionale che locale?

La campagna è riuscita a creare un’attenzione mediatica senza precedenti. Grazie all’adesione di centinaia di comuni, scuole, biblioteche, università e associazioni, il caso di Giulio è rimasto per mesi al centro del dibattito nazionale, spingendo le autorità italiane a forti pressioni sul governo egiziano. Ci ha anche fornito la possibilità di parlare del tema della tortura e delle sparizioni forzate in Egitto, su cui abbiamo anche prodotto un report  dettagliato.

Durante questi mesi siamo riusciti a portare avanti diverse azioni di grande impatto. Mi limito a citarne una, che per noi ha un grande significato: il flash mob del 24 aprile in piazza della Scala a Milano, durante il quale centinaia di attivisti, in presenza dei genitori di Giulio, hanno formato una scritta gigante che chiedeva “Verità per Giulio Regeni”.

Purtroppo a questa verità non siamo ancora giunti del tutto, ed è per questo che la campagna continua a pieno ritmo. Infatti il 25 gennaio, giorno della ricorrenza, a Roma si è svolta una grande manifestazione nazionale, in contemporanea con altri eventi in altre località.

Quello che ci preme al momento è continuare a mantenere alta l’attenzione sulla vicenda, in modo da poter svolgere la nostra azione di pressione sul governo egiziano nella maniera più incisiva possibile.

Quando avete iniziato la campagna vi aspettavate di trovarvi di fronte ad una società civile così pronta a mobilitarsi per la richiesta di una verità tanto importante?

Assolutamente no, nessuno si aspettava un’adesione e un consenso di questa portata. Noi stessi siamo rimasti stupiti dal numero di persone e istituzioni pronte a sostenerci in questa battaglia. Credo che la chiave di lettura di tutta questa empatia sia la naturale immedesimazione in Giulio. Stiamo parlando di un ragazzo italiano, brillante studente di Cambridge, torturato e ucciso mentre portava avanti la sua ricerca e lottava per costruire il mondo in cui credeva. Al suo posto ci saremmo potuti essere noi o un nostro amico o un parente, chiunque… Da questa vicinanza è nata l’indignazione, da essa la mobilitazione per chiedere verità e giustizia.

Il Comune di Pavia ha aderito alla campagna nell’aprile del 2016 (come testimonia lo striscione affisso su Palazzo Mezzabarba) quali sono i risultati di questa collaborazione? Come sezione locale di AI vi ritenete soddisfatti?

Il nostro obiettivo era l’adesione del Comune alla campagna, concretizzatosi con l’esposizione dello striscione. Non abbiamo avuto altre forme di collaborazione, anche se non escludiamo che possano essercene in futuro.

Lo scorso 22 dicembre, il Primo Ministro Gentiloni ha annunciato di voler rinviare l’Ambasciatore italiano al Cairo (non più Massari ma Cantini), come avete accolto questa notizia tra i militanti di Amnesty International? È forse questo il segno che quanto scoperto e rivelato finora sia una “verità sufficiente”?

In realtà il sentore del ritorno dell’ambasciatore era “nell’aria” già da agosto. In generale abbiamo vissuto questa eventualità con una certa preoccupazione, tanto da aver rivolto un appello all’allora Presidente del Consiglio Renzi chiedendogli di riconsiderare questa decisione. La nostra preoccupazione è che il rientro dell’Ambasciatore possa essere interpretato come un segnale eccessivamente distensivo di ripresa della “normalità” diplomatica.

Qual è l’impegno di Amnesty International in Egitto sia per cercare di far luce sulla vicenda Regeni che per evitare che altri giovani egiziani vengano imprigionati e torturati in modo arbitrario? Come organizzazione internazionale quali sono i mezzi a disposizione per cercare di porre un freno alla chiusura politica imposta dal governo al-Sisi ?

Amnesty in Egitto non può legalmente operare, per cui non abbiamo una sezione locale ma, come per tutti i paesi del mondo, abbiamo i nostri ricercatori che si adoperano a raccogliere ed elaborare informazioni sullo stato dei diritti umani nel paese. Queste informazioni vengono condensate nel rapporto annuale, in cui sono catalogate tutte le violazioni dei diritti umani nel mondo. Sulla base di ciò, ci attiviamo per fare attività di sensibilizzazione, ma anche di pressione diretta mediante i nostri appelli. Nel caso dell’Egitto è attivo, ad esempio, l’appello per la liberazione di Shawkan, un fotoreporter imprigionato illegalmente e detenuto in condizioni disumane, reo di aver documentato le proteste in piazza Tahrir al Cairo nel 2013.

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