Università

Accesso ai corsi a numero chiuso, rivoluzione in vista

di Francesco Iacona

Il mondo accademico in questi ultimi anni è cambiato parecchio, da alcuni punti di vista in peggio da altri in meglio. Innanzi tutto, il primo fattore di cambiamento ha riguardato i tagli ai finanziamenti statali, che hanno causato problemi seri agli atenei in tema di gestione di risorse, servizi e tasse. In secondo luogo, è avvenuto il cambio di ordinamento, che ha scombussolato la didattica, ha disorientato gli studenti e ha fatto impazzire gli organi direttivi delle facoltà impegnati nell’ideazione dei nuovi piani di studi. In ultimo – e qui si arriva al primo cambiamento positivo – è stato introdotto il Sistema S3, un software atto alla gestione delle carriere degli studenti, il quale ha semplificato la burocrazia e ridotto notevolmente le file in segreteria.

In questi giorni, inoltre, sta prendendo corpo la possibilità che avvenga un altro importante cambiamento, riguardante le modalità di accesso alle facoltà a numero chiuso. Infatti, l’Unione degli Universitari (UdU) ha effettuato un ricorso al Consiglio di Stato (organo statale con funzioni consultive e giurisdizionali) affinché fosse valutata la liceità di tale sistema.

In particolare, è contestato un preciso aspetto della legge che nel 1999 ha istituito l’accesso a numero chiuso a livello nazionale per le facoltà di Medicina, Odontoiatria, Veterinaria, Architettura e per le professioni sanitarie (infermieri, ostetrici, fisioterapisti). Infatti, da tredici anni è previsto che il test d’ingresso per ognuna delle suddette facoltà sia effettuato nello stesso giorno e alla medesima ora, ma con graduatorie differenti decise da ogni singolo ateneo. Ciò comporta una disparità di trattamento per gli studenti dei diversi atenei. Facciamo un esempio: se nell’ateneo A il punteggio minimo per accedere è 80 e nell’ateneo B è 100, gli studenti dell’ateneo B che hanno totalizzato dagli 80 ai 99 punti ci rimangono fregati.

Il Consiglio di Stato, che si è pronunciato nei giorni scorsi, ha riscontrato che per tale motivo questa legge contrasta con tre articoli della Costituzione (precisamente gli articoli: 3, 34 e 97) e ha perciò rimandato la decisione alla Corte Costituzionale. Se anch’essa fosse dello stesso avviso, il suo pronunciamento – oltre a portare nel caos le selezioni di quest’anno (che avverranno il 5 settembre) – rappresenterebbe un’importante vittoria per gli studenti e cambierebbe significativamente delle facoltà che da più di un decennio erano accessibili solo a pochi privilegiati.

 

Per completare il discorso, è utile precisare che il numero chiuso fu introdotto principalmente per due motivazioni: per avere corsi di laurea di maggiore qualità perché meno numerosi e per venire incontro all’esigenza di contenere il numero di nuovi professionisti immessi ogni anno nel mercato del lavoro, così da garantire a tutti delle possibilità occupazionali e un reddito adeguato.

Inoltre, un altro fattore che porta alcune facoltà a introdurre l’accesso a numero chiuso riguarda la qualità e le dimensioni delle strutture di cui dispongono, a causa delle quali non possono ospitare più di un certo numero di iscritti. In questo caso, però, si parla di facoltà di altro tipo rispetto a quelle sopra citate e la selezione non necessariamente avviene con un test, ma anche con altri metodi.

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