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A voce alta contro il silenzio

di Valentina Falleri

rita_borsellino

Come riportato sul numero 108, eccovi l’intervista integrale a Rita Borsellino.

Inchiostro: Vorrei iniziare facendole una domanda su Libera, l’associazione contro le mafie di cui lei è stata presidentessa onoraria. Come ogni anno, quest’anno il 21 marzo si celebra la giornata per la memoria delle vittime delle mafie. Cosa ne pensa? Quali sono le sue aspettative per questa manifestazione?
Rita Borsellino:  Credo che la manifestazione verrà anticipata di qualche giorno (il sito di Libera riporta la data di Sabato 19 marzo, per consentire la più ampia partecipazione dei cittadini, ndr), però sai io non mi occupo più di organizzazione naturalmente. Vedi, questa manifestazione nacque subito dopo la nascita di Libera nel 2005 e nel 2006 ci fu già la prima edizione perché con Libera da subito prestammo subito una grandissima attenzione alle vittime di mafia. Eravamo molti familiari delle vittime di mafia, aderenti a Libera. Io, in particolare, dal primo momento, sono stata vicepresidente e lo sono stata per dodici anni, quando poi diventai presidente onorario. L’attenzione alle vittime volle essere il primo gesto per caratterizzare e definire Libera in maniera forte. Libera, a partire dal sacrificio di tante persone si impegnava sui territori, affinché la società fosse migliore, perché si potesse eliminare la presenza della mafia. Si era creata anche una grande sensibilità all’interno delle realtà che componevano Libera, cioè tutte le associazioni che sul territorio nazionale avevano aderito e si penso subito di dare particolare risalto a questo, soprattutto perché dentro l’associazione non c’ero soltanto io, sorella di Paolo Borsellino, c’era anche per esempio la mamma dell’agente di scorta Antiochia (Roberto Antiochia, agente di scorta del vicequestore e vice dirigente della squadra mobile di Palermo Ninni Cassarà, entrambi uccisi dalla mafia nel 1985 ndr). Con questa tipologia così varia di persone, ci rendemmo conto di come spesso si parla sempre dei soliti nomi, diciamo “le più importanti”, e si trascuravano troppo spesso vittime che quasi venivano considerate di serie B. Abbiamo allora voluto fare una giornata in cui tutte le vittime di mafia venivano ricordate allo stesso modo, con il loro nome e il loro cognome. Nelle prime edizioni, addirittura, quando si trattava di bambini leggevamo l’età, proprio a sottolineare la ferocia della mafia che uccide e ha sempre ucciso anche i bambini, contrariamente a una sorta di stereotipo che veniva messo in giro.
E così questa giornata alla fine si ingrandì sempre di più, divenne sempre più importante: i familiari delle vittime aderirono sempre di più perché si sentirono davvero parte di una grande famiglia.
Quindi quali sono le mie aspettative? Che ancora una volta sia una giornata in cui si possano ricordare tutti e tutti allo stesso modo; questo lunghissimo elenco che, come ho sempre detto, deve rappresentare a ogni nome un pugno allo stomaco, come se ognuna di queste persone ti fosse familiare, ti fosse vicina. Solo allora avremo veramente capito lo spirito di quella giornata. Questo è accaduto ogni volta di più da quando Libera ha iniziato, con la giornata della memoria, ad andare in altre città, non soltanto nelle città del sud, ma anche in altre città, come Milano e Torino, in cui la grande partecipazione ci ha convinti che questo messaggio stava passando e stava passando bene. Il fatto di trovarsi in una regione come la vostra a ricordare tanti che sono morti per un ideale più grande di Italia, io credo che abbia un significato particolare e sono convinta  che ancora una volta, come succede ogni anno, sarà l’edizione più bella.

A proposito di questo, prima Saviano, poi gli autori di Metastasi hanno parlato dei rapporti delle varie mafie con la politica e l’economia del Nord: in entrambi i casi sono piovute critiche e addirittura Nuzzi è stato querelato dal viceministro Castelli. Qual è la sua idea in proposito? Ritiene che prima di tutto sia essenziale non parlare di queste faccende?
(Sorride) Se bastasse non parlarne per risolvere il problema, sarei pure d’accordo nel non parlarne, ma siccome è solo parlandone che il problema si può affrontare davvero…
Tu pensa che in questi giorni (metà febbraio, ndr) abbiamo affrontato questo argomento in Europa con una grande conferenza del gruppo S&D, Socialisti e Democratici, in cui abbiamo parlato della pericolosità, della presenza e della pervasività delle mafie, addirittura oltre i confini italiani. Non solo meridione, quindi, non solo Italia ma addirittura Europa. È importante parlarne perché soltanto parlando e riconoscendone la presenza in questi territori che il problema può essere affrontato veramente.

Ha dei timori in vista di Expo 2015?
Vedi, intanto per ritornare alla domanda che mi facevi prima, è chiaro che non fa piacere a tanti che se ne parli, soprattutto a quelli che sono interessati a queste presenze e a queste realtà: cercano di tenerle nel silenzio. Ricordiamoci che le mafie vivono di silenzio e vivono nel silenzio: ogni parola che si pronuncia contro la mafia è un’arma, uno strumento importante per combatterla.
Per quanto riguarda le paure in vista dell’Expo, sicuramente sì, ci sono, perché lì dove c’è denaro, lì dove c’è denaro pubblico, lì dove c’è possibilità di accedere a questo denaro, gli interessi delle mafie si scatenano.

Ha citato la sua attività in Europa: come viene percepita la mafia italiana in Europa? Di cosa si parla essenzialmente?
Ti posso dire che la conferenza che abbiamo indetto la settimana scorsa è stata molto importante: abbiamo coinvolto il procuratore spagnolo, il procuratore serbo… quindi di paesi che già hanno questa presenza e la affrontano con determinazione. L’obiettivo era fare un’analisi approfondita e capire quali sono gli strumenti necessari per affrontarla. Comincia a esserci una sensibilità maggiore perché purtroppo i segnali della presenza sono sempre più evidenti, però questa è una novità perché fino adesso questi di questi argomenti non si era mai parlato in Europa o si erano affrontati in maniera superficiale. Abbiamo fatto una ricerca e abbiamo visto che nei documenti ufficiali in Europa,  non è mai stata scritta la parola mafia. Il fatto di averla scritta per la prima volta, io credo che sia già un segnale importante del cambiato atteggiamento nei confronti di questo argomento.

La sua regione, la Sicilia, che speranze ha dopo il costituirsi di organizzazioni antimafia attive sul territorio come “Addio pizzo” e la decisione di Confindustria di espellere gli imprenditori che non denunciano gli estorsori del pizzo?
Questa è una conseguenza: sia la nascita di “Addio pizzo”, sia la decisione di Confindustria sono le conseguenze di una presa di coscienza che la Sicilia opera da tempo. E’ vero che in Sicilia è nata la mafia, ma un momento dopo è nata l’antimafia. I siciliani non sono mai stati passivi o succubi di questa realtà: sono spesso stati lasciati soli nell’affrontare una situazione troppo grande e troppo complessa per poterla affrontare senza le istituzioni. Oggi ci dobbiamo rendere conto dolorosamente, per quanto riguarda anche la strage di Via D’Amelio, che addirittura le istituzioni, da quanto emerge nelle indagini, in certi periodi hanno aiutato la mafia anziché chi la mafia la combatteva.

In effetti, secondo alcuni, suo fratello Paolo venne assassinato perché si opponeva alla trattativa tra stato e mafia.
Mi riferivo proprio a questo quando parlavo delle nuove indagini in corso, che stanno dando sicuramente un’immagine molto inquietante ma che ci permette di capire come e perché alcune cose sono andate in un certo modo, perché altrimenti tutto ciò sarebbe inspiegabile. Oggi ci rendiamo conto che mentre c’era una parte dello Stato, nelle figure di Falcone e Borsellino ma non solo, che combattevano la mafia, c’era un’altra parte dello Stato che anziché sostenerli e aiutarli, marciava contro di loro e li ostacolava in tutti i modi. Ecco cosa intendevo quando dicevo che i siciliani hanno provato a reagire e però sono stati lasciati soli. Questo ci spiega tante cose: ci spiega perché, per esempio,  un fenomeno come il terrorismo è stato affrontato e sconfitto, mentre un fenomeno come la mafia, se pure è stato affrontato, non è stato mai sconfitto.

Le faccio un’ultima domanda di attualità, riguardo a quello che sta succedendo in Nord Africa e al conseguente afflusso di immigrati, di cui lei si è anche occupata. Il nostro governo sostiene che l’Unione Europea abbia lasciato sola l’Italia. Quali sono gli ultimi sviluppi in Europa? Lei cosa ne pensa?
Ieri (15 febbraio, ndr) abbiamo avuto un confronto in aula con la commissaria che di questo si occupa e si sono chiarite un po’ di situazioni perché non è che l’Europa in questa faccenda non c’è stata, ci sono delle regole che vanno rispettate: l’Europa era pronta a intervenire, ma aspettava che il governo italiano facesse le sue richieste perché questo era necessario per poter intervenire. Fintanto che il governo non avesse formalizzato la richiesta, l’Europa non avrebbe potuto intervenire perché sarebbe stata una forzatura dei trattati. L’Unione Europea era pronta a fornire degli strumenti e anche a elaborarne altri, laddove fossero stati ritenuti necessari. Quindi finalmente con un po’ di ritardo, la macchina europea è partita era stata, diciamo così, “bloccata” la partenza della macchina italiana.
Strumentalizzare politicamente certi fatti sulla pelle di tanta gente che comunque aspettava che qualcuno decidesse, mi sembra veramente una cosa molto brutta. Ci sono situazioni in cui, io credo, non ci dovrebbero essere contrapposizioni politiche, semmai una politica che guarda soprattutto al raggiungimento di un determinato obiettivo. Qui, l’obiettivo consiste nell’occuparsi di tutto questo, capire perché sta succedendo tutto questo e lo si è fatto con ritardo: avrebbe dovuto essere previsto e invece non lo è stato. Si corre il rischio che questo flusso di migranti diventi sempre più numeroso e non è positivo nemmeno questo perché questi paesi, proprio nel momento in cui c’è un tentativo di passaggio alla democrazia, verrebbero indeboliti e impoveriti della presenza dei loro stessi abitanti. Questo deve essere fatto naturalmente in uno spirito di collaborazione, soprattutto mettendo al centro la sicurezza di queste persone.

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