Fumetti

67 anni di noccioline: buon compleanno Charlie Brown

Creare una striscia con protagonista un bambino cronicamente depresso è stata un’intuizione brillante, genuinamente moderna e del tutto folle”, secondo il Time.

Sono passati 67 anni dal debutto di Charlie Brown, del suo bracchetto Snoopy e della sua banda di amici che, negli anni, è andata allargandosi. E ha dell’incredibile il fatto che questo fumetto evergreen, entrato nel Guinness come il più popolare di sempre, sia il frutto del genio e del lavoro di un’unica persona.ultima striscia

Esistono infatti 17.897 strisce dei Peanuts, pensate, disegnate e curate personalmente, una ad una, da Charles M. Schulz (detto Sparky) nell’arco di 50 anni, dal debutto, il 2 ottobre 1950, al 2000, anno in cui l’autore ha dato l’addio ai personaggi di una vita facendo scrivere a Snoopy: “Come potrò mai dimenticarli?”. L’ultima striscia uscì il 13 febbraio dello stesso anno. Proprio il giorno prima Schulz si era spento all’età di 77 anni.

L’origine di alcune idee per i Peanuts può essere rintracciata nel passato di Schulz, nei ricordi di ciò che faceva da bambino e di come viveva quegli anni. Altre idee nascono invece da qualcosa detto dai suoi figli. Lo stesso nome di Charlie Brown non è di fantasia: così si chiamava un amico e collega dell’autore all’Art Instruction, scuola per disegnatori per corrispondenza. E ancora, da piccolo l’autore stesso aveva un cane di nome Spike.

Resta comunque normale chiedersi come abbia fatto ad avere inventiva sufficiente per 50 anni di strisce quotidiane. Schulz ha affermato che: “Quando in un fumetto i personaggi funzionano, è perché una cosa tira l’altra e la personalità che hai attribuito ad un personaggio comincia a suggerire nuove idee”.  Di ogni personaggio l’autore è sempre riuscito ad evidenziare con essenziali linee di inchiostro le sfaccettature psicologiche.

Storie e disegni si sono sempre influenzati reciprocamente: da quando Snoopy ha cominciato le sue avventure immaginarie nei panni di numerosi ed eterogenei personaggi, la sua cuccia è sempre stata disegnata di profilo. Schulz ha inoltre spiegato che il beagle riesce a non cadere giù mentre dorme sul tetto ancorandosi con le orecchie. “Nel fumetto ci sono cose che accadono solo perché mi piace disegnarle”, affermò l’autore, e al lettore spetta poi il compito di completare le scene con la sua immaginazione, entrando così a pieno titolo nella creazione dell’opera.

Simona Bassano di Tufillo, autrice di “Piccola storia dei Peanuts sottolinea che: “Fino alla comparsa dei Peanuts nel 1950, la tradizione dei comics americani era composta di spassose e poco impegnative avventure di marmocchi pestiferi. Invece  nella vita di Charlie Brown non succede niente di speciale: questa è stata una rivoluzione sia rispetto al genere eroico sia comico”.

Nei Peanuts il tempo scorre tra scuola, vacanze, TV, compiti, giochi e chiacchiere, con la sola variazione del ritmo delle stagioni (d’estate si gioca a baseball, ad Halloween si aspetta il Grande Cocomero). Su questo riconoscibile substrato comune a tutti noi, Schulz innesta la sorpresa, il guizzo geniale, la battuta intrisa di un’ironia delicata che si trova nell’ultima vignetta in basso a destra.rest

Nel mondo di Charlie Brown non si vedono mai gli adulti: Schulz ha detto che non c’era spazio per loro nelle vignette in quanto avrebbero dovuto accovacciarsi. I ragazzini che lo popolano possiedono difetti e paure, una comunità infantile sull’orlo di una crisi di nervi che pensosamente si interroga sulla realtà che li circonda. Charlie Brown è l’uomo medio, spesso definito perdente. Tuttavia i veri perdenti sono coloro che smettono di tentare, mentre lui tenta per 50 anni di calciare il pallone che perennemente Lucy gli sfila da sotto i piedi.

A Schulz il titolo Peanuts, impostogli da un’agenzia in quanto in grado di attirare l’attenzione, non piaceva per niente, e non tanto per il significato di noccioline ma per quello di minutaglia.  Di lì a dieci anni i Peanuts sarebbero tuttavia divenuti un dirompmascotteente fenomeno di costume planetario, nei cui dubbi e modi di dire un’intera generazione si sarebbe riconosciuta; ancora famose sono le frasi «Felicità è un cucciolo caldo» ed «Era una notte buia e tempestosa», eterno incipit del romanzo che Snoopy batte a macchina. L’influenza culturale si è estesa anche alla sfera linguistica: l’espressione “security blanket”, “la coperta di Linus” (dal personaggio di Linus Van Pelt, che non se ne separa mai), ha finito per indicare l’oggetto transizionale a cui spesso si affezionano i piccoli.

Le strisce dei Peanuts sono state lette da 355 milioni di lettori, in 26 lingue, in oltre 75 Paesi: niente male per un bambino dalla testa rotonda che si chiama Charlie Brown.

Alle leggere nuvolette del fumetto è associato un business estremamente solido e strutturato con una franchise che fattura oltre un miliardo di dollari l’anno.moon

Non limitandosi al successo mondiale, i Peanuts sono addirittura finiti sulla Luna: durante la missione  Apollo 10 il modulo lunare venne chiamato Snoopy e il modulo di comando Charlie Brown, trasformando inoltre  i due nelle mascotte non ufficiali della missione.

Dall’infinita ripetizione degli schemi e dalla fedeltà all’ispirazione scaturisce la poesia di questi fumetti, che richiede al lettore un continuo atto di empatia. Umberto Eco nell’introduzione alla prima raccolta in italiano dei Peanuts (di cui fu anche traduttore) scriveva: “Se poesia vuol dire capacità di portare tenerezza, pietà, cattiveria a momenti di estrema trasparenza, come se vi passasse attraverso una luce e non si sapesse più di che pasta sian fatte le cose, allora Schulz è un poeta“.

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