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650 parole in rosa per Unipv

di Matteo Miglietta

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Con “650 parole in rosa per Unipv” il Collegio Nuovo partecipa alle celebrazioni per l’anniversario dell’Università di Pavia, promuovendo, in collaborazione con la stessa Università, un concorso letterario aperto a tutte le studentesse di ogni Facoltà iscritte all’Ateneo pavese.

L’obiettivo è raccontare la nostra comunità universitaria, ispirandosi alle sue radici o immaginandone futuri germogli, o, ancora, attraverso la rielaborazione del suo presente. Tutto in 650 parole.

A decidere chi si aggiudicherà i ricchi premi messi in palio sarà una Commissione molto prestigiosa, con Presidente Onorario il Rettore dell’Università Angiolino Stella e composta da docenti universitari, scrittori, giornalisti, dirigenti universitari, dottorande e studentesse nell’Università di Pavia di ambito letterario, oltre che dalla Rettrice del Collegio Nuovo Paola Bernardi e da Saskia Avalle, coordinatrice dell’attività culturale e accademica del Collegio.

La scadenza per presentare gli elaborati è il 3 luglio 2011. Il bando è disponibile sui siti del Collegio Nuovo e dell’Università degli Studi di Pavia.

Inchiostro è riuscito a intervistare Sebastiano Mondadori, uno dei membri della Commissione giudicante, giovane talento del panorama letterario italiano. Dopo aver vinto con il suo primo libro, “Gli anni incompiuti” (2001) il Premio Regium Julii, il Premio Fortunato Seminara, il Premio Città di Meda e il Premio Kihlgren, lo scorso anno con il suo “Un anno fa domani” è stato uno dei finalisti del Premio Strega 2010. Uno scrittore giovane che cerca non solo di affermarsi, ma anche di trasmettere e insegnare agli altri la sua passione, grazie alla sua scuola di scrittura Barnabooth di Lucca, da lui stesso fondata.

Inchiostro – La prima domanda che volevo farti riguarda i tuoi libri: c’è nelle tue pubblicazioni un filo rosso che le unisce o ti capita invece di essere ispirato dalle situazioni che vivi o dalla società che ti circonda?

Mondadori – Più che un’idea di fondo, ciò che sta alla base dei miei libri è un modo di guardare il mondo. L’idea comune è fissarsi su degli aspetti ossessivi che vanno dal problema dell’identità alla felicità stessa, o all’amore, come nel mio ultimo libro. Si tratta sempre di vissuti filtrati attraverso un’ossessione.

Quindi c’è uno sguardo comune…

diciamo di si, ma sempre con declinazioni diverse.

Visto che farai il giurato per  “650 parole in rosa per Unipv”, e visto che hai vinto diversi premi importanti come scrittore, cosa pensi di questi concorsi letterari? Credi siano utili ai giovani scrittori per riuscire ad affermarsi?

Io ho ho vinto dei premi per romanzi, mentre in questo caso si tratta di racconti, ma si tratta sempre di cose importanti per essere conosciuti e soprattutto per essere letti, in particolare da una cerchia di persone che possono aiutarti a pubblicare. Qualsiasi modo per essere letti è importante, quindi i concorsi vanno solo incoraggiati. Il problema è che l’eccesso dei premi in circolazione rende più difficile farne di qualità. Per questo è importante fare dei distinguo. Nella mia scuola di scrittura ho allievi che dicono di aver vinto 18 premi, ma poi scopri che magari sono premi della parrocchia o di chissà cos’altro. Bisogna allora distinguere tra quelli che esaltano soltanto il narcisismo di chi vuole scrivere e quelli in cui gli autori e i testi vengono segnalati da delle persone accreditate, come penso sia questo premio..essendo coinvolto come persona accreditata! L’anno scorso sono entrato nei 12 finalisti dello “Strega”, premio importante non in sé, perché si sa che è in mano alle case editrici, ma perché sai che il tuo nome e il tuo libro circolano fra le persone che in editoria contano. In qualche modo è come essere cooptato nella società letteraria.

Credi che la tua carriera sia cambiata dopo aver vinto qualche premio?

Guarda con il primo libro ho vinto vari premi e la mia vita cambiò perché vinsi dei soldi con i quali ho potuto fare delle bellissime vacanze. Ma i premi per l’opera prima sono un discorso a sé, e oggi è quasi facile esordire. Nell’ultimo anno ci sono stati 300 esordi letterari e ci sono moltissimi premi per chi comincia a scrivere, ma questo è anche un modo per illudere gli autori: il banco di prova è il secondo libro ed è da lì che tutto cambia, anche nel rapporto con i premi. Lo “Strega” mi è servito tantissimo perché il nuovo libro che sto finendo ha avuto tante offerte, è stato un modo per tenere un libro di una piccola casa editrice per oltre un anno in libreria e per essere recensito da tutti i giornali. Quindi i premi servono, eccome.

É la prima volta che fai il giurato per un concorso letterario?

È la prima volta che lo faccio per l’università. L’ho già fatto per altri premi, ma con l’Università di Pavia ho un rapporto antico, primo perché mi sono laureato qui in filosofia con Francioni, con una tesi su Leopardi, e poi perché mi trovo molto bene con il Collegio Nuovo, dove mi hanno sempre invitato a presentare i miei romanzi: ho presentato due romanzi e anche il libro che ho fatto con Monicelli. Diciamo che ho una certa dimestichezza con l’ambiente.

Come ci si trova a giudicare gli scritti degli altri?

Io lo faccio per mestiere, nel senso che ho una scuola di scrittura creativa a Lucca, e adesso anche a Milano. Lì l’obiettivo è sempre quello di far portare a termine un racconto agli allievi, quindi per me è assolutamente normale giudicare i racconti.

Un’ultima domanda: pensi ci siano degli ingredienti necessari per scrivere bene?

Il primo punto per insegnare la scrittura è insegnare a leggere! Bisogna apprendere una tecnica di base per poi sbarazzarsene. Però per trasgredire le regole e trovare la propria voce, che poi è l’obiettivo di tutti gli scrittori, bisogna avere un’idea di cosa sia la letteratura.

Quindi bisogna leggere per scrivere..

…e ancora di più bisogna leggere per essere dissuadi dallo scrivere, per capire che non è affatto una cosa semplice!

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