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25 anni Erasmus / Origini, futuro e successi

di Francesco Iacona e Simone Lo Giudice

Intervista alla Prof. Maria Antonietta Confalonieri (Delegata del Rettore per la Mobilità Studentesca).

Inchiostro – Cominciamo a illustrare nel dettaglio alcune informazioni relative al progetto Erasmus a livello internazionale.In cosa consiste, quando nasce e quali sono i suoi obiettivi originari (e attuali, nel caso se ne fossero creati di nuovi nel tempo)?

M.A. Confalonieri – Nasce nel 1987, inuna fase di grande rilancio del processo di integrazione europeo da parte della Commissione guidata da Jacques Delors, rilancio che riguarda soprattutto la realizzazione del mercato unico. Con l’obiettivo del mercato unico Erasmus è in qualche modo connesso, perché attraverso la mobilità europea degli studenti si vuole favorire anche lo sviluppo di una maggiore mobilità dei lavoratori ad alto livello di istruzione nello spazio economico europeo unificato. Si vuole anche promuovere la conoscenza e la comprensione reciproca tra i popoli, e in ultima analisi lo sviluppo di un’identità comune europea, soprattutto tra le élite del futuro.

Con l’avvio nel 1999 del processo di Bologna, cioè del processo voltao alla creazione di un’Area Europea dell’Istruzione Superiore (EHEA) attraverso  riforme dei sistemi universitari nazionali  guidate da obiettivi comuni, concordati a livello dell’Unione Europea nelle conferenze interministeriali, la mobilità degli studenti e dei docenti (e in seguito anche dello staff tecnico-amministrativo degli atenei) è diventato uno degli obiettivi del processo di Bologna stesso. Il Summit dei Ministri dell’Istruzione Superiore di Lovanio nel  2009  ha definito come target per il 2020 una percentuale del 20% di laureati con un’esperienza di mobilità.

 

Quanti e quali sono gli obiettivi raggiunti fin’ora? Sono soddisfacenti?

Dal punto di vista quantitativo i target che l’UE ha originariamente fissato per la mobilità Erasmus non sono stati conseguiti anche se un target ridimensionato, quello di 3 milioni di studenti con esperienze di mobilità, dovrebbe essere facilmente raggiunto nel 2013. Dopo uno sviluppo sostenuto negli anni Novanta la crescita si è rallentata infatti nel decennio successivo. Il nuovo ambizioso target stabilito a Lovanio nel 2009 richiederà notevoli sforzi per essere conseguito, in particolare in termini finanziari: il maggiore ostacolo alla mobilità, come mostrano tutte le indagini effettuate, è di tipo finanziario e riguarda l’ammontare delle borse.

Per quanto riguarda l’Italia l’andamento della mobilità subisce un rallentamento dopo il 2000 con una ripresa a fine decennio. L’ostacolo principale alla mobilità è l’entità delle borse, che non coprono interamente i costi di studiare all’estero e ciò scoraggia gli studenti di famiglie a basso reddito e quelli che abitano con i genitori.

Altro discorso per gli obiettivi di tipo qualitativo. Tutte le indagini rilevano un elevato livello di soddisfazione per la mobilità : la grande maggioranza degli studenti dichiara che l’Erasmus è stata un’esperienza positiva e di averne ricavato in termini di apprendimento più di quello che avrebbero potuto apprendere restando nella propria sede universitaria. Generalmente le indagini rilevano anche che c’è una maggiore possibilità di trovare un posto di lavoro per i laureati che hanno avuto un’esperienza Erasmus. Questo “premio” dell’Erasmus quanto alla collocazione sul mercato del lavoro, da quando l’Erasmus era un’esperienza in qualche modo eccezionale, che riguardava una piccola minoranza ad ora che riguarda una fascia relativa ampia di studenti, ma rimane, ed è partcolarmente significativo per i giovani che perovengono dai nuovi s.m. della UE.

Il terzo tipo di risultato qualitativo è l’impatto che i programmi di mobilità hanno avuto sulle istituzioni universitarie. Qui il discorso si farebbe lungo. Erasmus ha implicato la sperimentazione dei crediti ECTS per il trasferimento delle competenze acquisite (anche Pavia ha partecipato alla sperimentazione ). I crediti ECTS sono stati poi, con le riforme del processo di Bologna, adottati come sistema di accumulazione delle competenze nella maggioranza dei paesi aderenti al Bologna Process, il che rende i sistemi universitari e i percorsi più facilmente comparabili e favorisce la mobilità (sia la mobilità per crediti o tarsversale, come Erasmus, sia quella degree mobility, che vede studenti che conseguono un diploma di laurea triennale (BA) in un sistema universitario trasferirsi in un altro sistema per il diploma di livello superiore (MA). L’EHEA dovrebbe essere cartterizzata anche da un alto grado di questo tipo di mobilità vertcale. Erasmus ha avuto una serie di impatti positivi sugli  atenei: hanno investito di più nella formazione linguistica dei propri studenti , introdotto moduli prima e poi interi corsi di laurea in inglese, rafforzato i propri uffici relazioni internazionali.  In generale c’è maggiore abitudine a confrontare i propri curricula e le metodologie di insegnamento con quelle degli altri atenei, insomma a imparare gli uni dagli altri. Poi ci sono i programmi collegati a Erasmus, come gli Intensive Programs, che sono basati sulla collaborazione transnazionale tra atenei.

 

Quali sono le prospettive future del progetto Erasmus e le eventuali novità che lo riguarderanno? Pare, inoltre, che ci sia l’intenzione di estenderlo non più soltanto all’Europa ma anche al resto del Mondo

Il nuovo programma “Erasmus for all”, che dovrebbe coprire il periodo 2014-2020  è attualmente alla decisione di Consiglio e Parlamento Europeo. Il programma dovrebbe integrare i programmi di cooperazione nell’educazione e per la gioventù oggi esistenti diminuendo la frammentazione e favorendo la semplificazione grazie all’adozione di un quadro comune, modellato su quello dell’ Erasmus.

Il nuovo programma non solo ha obiettivi ambiziosi quanto alla mobilità, ma estende i paesi beneficiari dei programmi di mobilità in entrata e in uscita al di là di quelli attuali (UE, EFTA+ candidati); particolare attenzione dovrebbe andare alla cooperazione nell’istruzione superiore tra la UE e i paesi partner della Politica Europea di Vicinato: l’area dall’ Ucraina al Caucaso alla sponda Sud del Mediterraneo.

Purtroppo non sappiamo di più di quello che la Commissione ha finora comunicato. Siamo in attesa dell’approvazione da parte di PE e Consiglio per vedere i dettagli e muoverci tempestivamente.

 

L’Università di Pavia come si pone all’interno del progetto Erasmus? Qual è il bilancio degli studenti in entrata e in uscita (sia a livello quantitativo che di soddisfazione degli studenti stessi)?

L’Università di Pavia è stata tra le pioniere del programma in Italia: è partita nel 1987 e ha contribuito alla sperimentazione del sistema ECTs per il trasferimento dei risultati dell’apprendimento. Erasmus è incoraggiato anche dal punto di vista finanziario visto che il bilancio dell’Università prevede uno stanziamento annuale di 325.000 € (dati bilancio 2012) per l’integrazione delle borse Erasmus. Il risultato sono borse, che dall’anno scorso sono differenziate in base all’ISEE dello studente, ma che sono un po’ più elevate della media nazionale:  la maggioranza delle università italiane, tranne che in quelle delle regioni a statuto speciale come Trentino o Val d’Aosta che vedono un sostanzioso contributo regionale, si limitano a dare l’importo della borsa comunitaria. Credo che complessivamente la situazione di UniPv sia soddisfacente (per lo meno tale è stato giudicato dall’Agenzia Nazionale) anche per quel che riguarda il riconoscimento dei crediti: che mi risulti non sono frequenti i casi di mancato riconoscimento di crediti ottenuti all’estero. Mi sembra che sia relativamente buona anche la preparazione linguistica degli outgoing: oltre ai corsi offerti dalle Facoltà da un paio d’anni siamo in grado di offrire per un certo numero di lingue (quest’anno tedesco, polacco, portoghese e catalano) corsi intensivi gratuiti tenuti da stagisti stranieri (in genere studenti di dottorato) che vengono a Pavia nell’ambito dello schema Erasmus Placement .

La mobilità è cresciuta, ma francamente più lentamente di quanto sarebbe auspicabile, visti gli sforzi profusi e la qualità accademica delle sedi di destinazione che offriamo. L’anno scorso siamo arrivati solo a 340 outgoing per studio; quest’anno dovrebbe essere un po’ meglio: le borse accettate a giugno erano 448. Non mi pare che tutte le Facoltà incoraggino abbastanza la mobilità, anche se poi sono corrette nella sua gestione. Dove hanno lavorato meglio e in modo più costante i risultati si vedono e come.

Medicina è la success story più clamorosa, mandavano 24 studenti nel 2007-2008 e l’anno scorso hanno assegnato 80 borse: e dire che possono andare in mobilità solo negli ultimi anni di corso. Credo sia il miglior rapporto mobilità/iscritti. Hanno fatto molta promozione, orientano bene, gli studenti hanno capito il valore aggiunto di un’esperienza all’estero.

Anche Economia va bene e ha una crescita meno spettacolare ma costante, ma in questo caso una buona performance è più prevedibile: succede in tutta Europa che le Facoltà di Business siano quelle che muovono più studenti. La performance delle Facoltà scientifiche è un po’ deludente: in fondo sono quelle che dovrebbero risentire meno delle barriere linguistiche invece i loro studenti si muovono meno di quanto ci si aspetterebbe. Ma anche Lettere e Scienze Politiche potrebbero fare meglio.

Quanto alle destinazioni, c’è una prevalenza della Spagna, che è di gran lunga la meta preferita degli studenti italiani,  ma che a Pavia è meno netta. Va molto bene anche la Francia. Gli studenti andrebbero volentieri anche nel Regno Unito ma le università inglesi non sono molto aperte nei confronti del programma Erasmus (anche perché ricevono più studenti di quanti ne mandino).

Un sicuro successo è stato Erasmus placement che offre la possibilità di fare tirocini all’estero con una borsa (più generosa di quella per studio, di 500 euro). È diventato molto popolare e la partecipazione è cresciuta. Un limite all’espansione è dato dal numero di borse che sono assegnate attraverso consorzi di università ma sono troppo poche: negli ultimi anni all’interno dei consorzi  Pavia ha “spazzolato” tutte le borse di placement che le altre università non riescono a collocare, ma non ci bastano a soddisfare la domanda.  Il placement è gestito bene e la nostra gestione è stata presentata come “buona prassi” in convegni internazionali.

È abbastanza soddisfacente la situazione per quanto riguarda gli incoming: mentre quasi tutte le università italiane sono “esportatrici nette” di studenti a Pavia c’è un notevole equilibrio tra outgoing e incoming. Credo che le ragioni della popolarità di Pavia risiedano oltre che nella reputazione accademica nella qualità dei servizi agli studenti che è molto superiore agli standards delle università italiane, nel fatto che offriamo corsi di italiano per gli incoming a tutti i livelli e lungo tutto il corso dell’anno accademico, all’assistenza nel trovare l’alloggio. L’introduzione di programmi in inglese dovrebbe incoraggiare gli incoming.

 

La città di Pavia è adatta ad accogliere ragazze e ragazzi provenienti da ogni parte d’Europa?

Pavia è una città universitaria e dovrebbe essere attrezzata. Nel complesso credo che i pavesi siano abbastanza friendly rispetto agli Erasmus students, nei limiti di una città in cui la gente non è di suo particolarmente calorosa. Insomma non fanno differenze tra italiani e stranieri. Poi credo che in generale Pavia dovrebbe accettare di più il fatto di ospitare grandi quantità di gente giovane: capire che a 20 anni non puoi fare la vita che faresti a 70 e andare a letto alle 8 dopo la minestrina… In tutte le città universitarie d’Europa le strade sono piene la sera, ed è così dal Medioevo o giù di lì…

Adesso è partito un programma per integrare meglio gli studenti nella città, per esempio con forme di offerta di alloggio da parte di famiglie o anziani in cambio di piccoli servizi. È una forma sostanziale di aiuto agli studenti stranieri per i quali il costo della vita qui è particolarmente alto, ma anche un modo per incontrarsi e arricchirsi reciprocamente.

 

Le istituzioni cittadine si sono mai preoccupate di affrontare i temi concernenti l’accoglienza di  giovani studenti stranieri?

Sì, come dicevo qualcosa è stato fatto, come il progetto di cui riferisco sopra che è stato elaborato col comune. Come gli autobus a chiamata, che permettono di fruire il centro storico anche da parte degli studenti che stanno fuori. Forse ci vorrebbero un po’ più di informazioni anche in inglese, come cartelli e punti di informazione sulla città. Leida, che è una città universitaria come noi ha un welcome point all’uscita della stazione. E ci vorrebbe un ostello della gioventù, per accogliere chi arriva nei primi giorni, prima che si sia “sistemato”: quello sarebbe importante.

 

La procedura burocratica che uno studente in procinto di partire per l’Erasmus è estremamente lunga. Sarebbe impossibile semplificarla?

 Non mi sembra così complicata . Adesso tutte le domande sono on-line e le cose sono migliorate. Una serie di documenti (il Learning e il training agreement) sono richiesti dalla UE e dall’Agenzia Nazionale e sono d’altra parte la garanzia che il lavoro fatto all’estero venga riconosciuto.

 

 

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