Merito e meritocrazia nell’Italia di oggi

di Irene Doda

“Merito” e “meritocrazia” sono termini che continuano ad acquisire sempre più  visibilità nel dibattito pubblico sul tema dell’educazione. In Italia, per molti aspetti patria del nepotismo e del familismo amorale, vengono contrapposti alla filosofia dell’inciucio e delle raccomandazioni.  Da molte parti – dal mondo politico, mediatico e accademico – si cerca di far passare il messaggio che a occupare posti di responsabilità debbano essere i più competenti, non i furbetti o gli ammanicati. Chi riuscirebbe a dirsi in disaccordo?

Ma cosa significa davvero e da dove viene il termine “meritocrazia”? In realtà dietro il luogo comune del “premiare il merito” sono nascoste questioni ben più spinose. Cosa fare concretamente per sviluppare un sistema che premi e valorizzi le capacità di ognuno? Che cos’è il merito e chi stabilisce i criteri per la sua definizione?
Di tutto questo si è discusso sabato 14 dicembre al Collegio Borromeo, nel corso dell’incontro “Merito e meritocrazia nell’Italia di oggi”. L’evento è stato organizzato nell’ambito dell’Assemblea Nazionale della Rete degli Allievi delle Scuole e degli Istituti di Studi Superiori Universitari, svoltasi a Pavia dal 13 al 15 dicembre – a cui hanno ovviamente partecipato i collegi di merito pavesi e lo IUSS. Erano presenti e sono intervenuti (oltre ai rappresentanti degli Allievi IUSS Giulia Scagliotti e Giacomo Pelizzari e al rettore del Collegio Borromeo) il prof. Carlo Barone (docente di Sociologia all’Università di Trento) e l’on. Fausto Raciti, segretario dei Giovani Democratici e autore del libro L’imbroglio della Meritocrazia.

Il filo rosso che ha condotto il dibattito è stato quello della differenza tra meritocrazia e giustizia sociale. La prima, ha ricordato il professor Barone, si nutre di una prospettiva essenzialmente individualista: chi arriva a occupare posizioni di potere lo fa grazie a un indistinto “merito” personale. Un concetto difficile da definire sociologicamente:  un misto di fortuna, talento innato e ambiente sociale favorevole, solo in parte condito da sforzi individuali. Ciò su cui invece la società dovrebbe concentrarsi per perseguire il bene comune sono le pari opportunità: garantire a ciascuno la possibilità di esprimersi e acquisire competenze da mettere al servizio della comunità. È necessario investire nel diritto allo studio, in un sempre più stretto collegamento tra istruzione e mondo del lavoro, in università meno autoreferenziali e più attente alla didattica.

L'on. Fausto Raciti, PD

 

«Ci siamo abituati all’idea la che la meritocrazia si contrapponga al nepotismo o all’egualitarismo. In realtà si contrappone alla democrazia sociale» ha detto l’on. Raciti. «Per Michael Young, l’autore inglese inventore del termine, la meritocrazia  equivaleva a una distopia: un mondo dove gli esseri umani venivano rigidamente divisi tra intelligenti e stupidi, e la società si divideva in élite intellettuale e massa lavoratrice, senza alcuna possibilità di mobilità o riscatto». Un modello basato solo e soltanto sulla competizione individuale, nonché sull’autoritarismo: cosa sia meritevole non viene deciso tramite processo collettivo e democratico, ma da un unico soggetto in maniera incontrovertibile. Alla fine la meritocrazia non si rivela nient’altro che un sistema volto a legittimare le diseguaglianze sociali e perpetuare le élites.

 

Non sono solo speculazioni filosofiche: i dati mostrano come nel 70% dei casi il giudizio finale dell’esame di terza media in Italia sia direttamente collegato al ceto sociale di appartenenza. Il 42% degli studenti universitari italiani ha almeno un genitore laureato. È molto difficile oggi, per un giovane nato e cresciuto in contesti di scarsa cultura, studiare e raggiungere posizioni prestigiose e ben retribuite.
Non c’è nulla di ingiusto o discriminatorio nel premiare i migliori con i posti di responsabilità. Ma il punto fondamentale è incoraggiare la più ampia partecipazione al sistema educativo. Un’élite davvero meritevole sarà selezionata solo se saranno ampliate le basi democratiche e oliati gli ingranaggi dell’ascensore sociale.

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