Università

I fuori corso per il Ministro Profumo: «Un problema culturale e un costo sociale»

di Francesco Iacona

 

Ci aveva già pensato lo scorso gennaio Michel Martone, il viceministro al Lavoro e alle Politiche sociali, a creare polemiche riguardo agli studenti universitari che incontrano difficoltà a laurearsi: «Dobbiamo dire ai nostri giovani che se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato, se decidi di fare un istituto tecnico professionale sei bravo. Essere secchione è bello, almeno hai fatto qualcosa». Parole pesanti, criticabili e inopportune le sue.

Ma adesso è arrivata un’altra “bomba”, degna di uno che dice quello che pensa (ammirevole) ma non pensa a ciò che dice (deplorevole). O meglio: degna di personaggi che forse cercano di esprimere un concetto ma che si dimostrano incapaci di farlo correttamente, usando le parole sbagliate e senza pesare quelle che adoperano (cosa che diversi esponenti dell’attuale Governo negli ultimi mesi hanno dimostrato pienamente).

Il soggetto in questione è Francesco Profumo, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ecco la sua opinione sugli studenti fuori corso: «Sono un problema culturale, frutto di un Paese in cui manca il rispetto dei tempi e delle regole, su cui la scuola deve dare un segnale forte. La soluzione non può venire da nuove leggi ma deve scaturire dal sistema scolastico. Senza dimenticare che i “ritardatari” dell’università sono un costo anche in termini sociali».

Dire che la soluzione non debba scaturire dal potere legislativo è il minimo che si possa fare. E ci mancherebbe altro. Ci si chiede a che titolo esso potrebbe intervenire su tale argomento…

La maggior parte dei giovani che finisce fuori corso non lo fa tanto perché votata al cazzeggio totale, ma perché incontrare difficoltà nello studio è una cosa normale. Dinanzi a una complicazione può capitare di perdersi d’animo, di scoraggiarsi e può benissimo capitare di incontrare esami particolarmente difficili o docenti non proprio qualificati (dal punto di vista didattico e/o comportamentale). Inoltre, piani di studio ricchi di esami dai programmi eccessivamente vasti certo non aiutano.

Senz’altro, le responsabilità e le colpe di uno studente sul proprio percorso di studio sono tante. Ma non si può negare l’esistenza di altri fattori che influiscono su esso. Forse questi signori che si credono tanto intelligenti ritengono che chi è diverso da loro sia di una classe inferiore, abietta. Sarà… Sta di fatto che un qualsiasi studente può appellarsi al sacrosanto diritto di non essere un cervellone secchione e dalla discutibile vita sociale. Non siamo fatti tutti allo stesso modo.

L’espressione «i “ritardatari” dell’università sono un costo anche in termini sociali», poi, è molto discutibile. I fuoricorso sono un costo? Loro? Con tutte le tasse universitarie che pagano? Sinceramente, anche se uno studente dovesse metterci vent’anni a laurearsi, finché paga le tasse non avrebbe il diritto di essere criticato minimamente.

Uno dei fattori, di cui si parlava sopra, che creano difficoltà nel completare in tempo gli studi è il lavoro. Infatti, ci sono molti studenti che per ammortizzare le spese degli studi universitari (o dell’alloggio, se fuori sede) lavorano. È normale che uno studente lavoratore abbia meno tempo e meno concentrazione da dedicare allo studio, ma a volte si rivela necessario. Non siamo mica tutti figli di superprofessori e tecnici bocconiani… Il Ministro Profumo non si è certo dimenticato di tutto ciò e, infatti, ecco il suo commento a riguardo: «Facciano una scelta, quella del part-time. Così facendo si creerebbero cittadini migliori in grado di gestire il proprio tempo al meglio». Eccola la voce della verità! Meno male che c’è chi è più intelligente di noi e che ci dà i consigli giusti…!

 

Insomma, i professoroni che ci troviamo al Governo si credono saccenti e depositari delle verità assolute, spesso espresse senza conoscere i problemi dal loro interno. A volte viene quasi voglia di invitarli a tornare sui banchi di scuola o dell’università.

Spesso parlano a sproposito. E quando lo fanno, forse, è meglio lasciar correre, non badare a quello che dicono e pensare soltanto a noi stessi. Perché solo noi poveri miseri studenti conosciamo le nostre verità e perché solo noi abbiamo il diritto di decidere come gestire i nostri studi.

6 pensieri riguardo “I fuori corso per il Ministro Profumo: «Un problema culturale e un costo sociale»

  • Francesco Iacona

    Un aggiornamento alquanto agghiacciante:
    “uno dei provvedimenti inseriti all’interno della spending review sembra puntare proprio all’aumento delle tasse per quegli studenti che trascorrono all’università molti più anni del necessario. Ogni università attualmente non può ottenere come finanziamento dalle tasse universitarie più del 20% di quanto riceve dal ministero dell’Istruzione attraverso il fondo di funzionamento ordinario. Con il nuovo decreto nel computo di questo 20% non verrà considerata la quota delle tasse che deriva dagli studenti fuori corso ed extracomunitari. Di fatto, gli atenei potrebbero decidere di alzare le tasse a questi studenti.”

    Fonte: Corriere.it (http://www.corriere.it/cronache/12_luglio_15/profumo-fuori-corso_2388322e-ce42-11e1-9b00-18ac498483bd.shtml).

    Rispondi
  • Valentina

    mi spiace ma non sono affatto d’accordo…scrivi che incontrare problemi o esami difficili è una cosa normale e che chi si laurea in corso ha una vita sociale discutibile. Questi non sono argomenti con i quali si può affrontare una riforma seria dell’università. Poi siamo d’accordo che l’aumento dell’ tasse non basta, servono anche piani di studio più coerenti per esempio. Ma questo non vuol dire che fa parte del gioco poter andare fuori corso e che ci si può appellare al “sacrosanto diritto di non essere un cervellone secchione e dalla vita sociale discutibile”. Così facendo si sminuiscono sia i talenti e coloro che, magari anche lavorando, si fanno il mazzo per farcela, che il ruolo dell’università in generale, perché intanto chiunque si può iscrivere, anche se non ha grandi doti e ci mette vent’anni a laurearsi perché è suo diritto poterlo fare. Questo non esiste assolutamente.
    Il discorso delle tasse è un discorso diverso… In linea di principio si può essere anche d’accordo, ma con dei correttivi: ad esempio prevedendo una tassazione più che proporzionale per reddito e numero di anni fuori corso, in modo tale che chi si laurea fuori corso di un anno, magari perché ha bisogno di lavorare per mantenersi, non venga penalizzato tanto quanto un figlio di papà ché decide di parcheggiarsi. Il punto è che a queste misure bisognerebbe aggiungerne altre, ad esempio un ampliamento delle borse di studio, un maggior ricorso alle iscrizioni part time, maggiori opportunità di borse erasmus o di tirocini formativi per gli studenti più meritevoli e così via..

    Rispondi
    • Francesco Iacona

      Grazie del commento, cerco di spiegarmi meglio.

      Esami difficili ce ne sono in ogni facoltà e nel proprio percorso di studi qualunque studente incontra dei problemi, è una cosa normale. E il fatto di affrontare tali difficoltà ci aiuta a crescere, ad avere una formazione più solida, perché è soprattutto affrontando le cose difficili che si impara. Almeno, io la vedo così.
      Solo che c’è chi riesce a risolvere questi problemi più facilmente e c’è chi ci perde un po’ più di tempo e ciò può influire sulla durata degli studi.
      Non bisogna inoltre tralasciare gli eventuali problemi di tipo personale che possono imbattersi nella vita di un ragazzo o di una ragazza.
      Sulla questione dei piani di studio concordo con te e infatti l’ho affrontata nell’articolo.

      La mia, comunque, non voleva essere una critica nei confronti di chi si laurea in tempo. Io stesso, nonostante abbia avuto una carriera universitaria travagliata, risulto laureato in corso nell’anno accademico 2010/11 con un voto non altissimo ma neanche disprezzabile (98).
      Chi si laurea in corso (e magari anche con voti alti) è certamente apprezzabile. Il fatto di esserci riusciti è un merito, il quale dovrebbe avere valore quando si entra nel mercato del lavoro.
      Soltanto che non siamo tutti uguali. E chi impiega più tempo per laurearsi, per un motivo o per l’altro (ma comunque sono fatti suoi), non merita né di essere chiamato sfigato (vedi dichiarazioni di Martone), nè di essere definito un problema culturale e un costo sociale (vedi dichiarazioni di Profumo), perché non è niente di tutto ciò; ma è soltanto uno studente che paga le tasse e che sta facendo il proprio percorso di studi personale, il quale non ha diritto di essere criticato da nessuno (tantomeno da un ministro saccente).
      Cosa ancora più importante: chi si distingue in positivo merita senz’altro di essere premiato o comunque di averne riconosciuti i meriti (nel mondo del lavoro), ma chi incontra difficoltà o si laurea in ritardo non merita assolutamente di essere penalizzato e in questo senso l’eventuale aumento delle tasse oltre a essere ingiusto sarebbe abominevole.
      La mi critica è rivolta a quello che sembra essere un pensiero condiviso tra i membri dell’attuale Governo. Loro quasi certamente si inseriscono in quella parte di (ormai ex) studenti ultrameritevoli, laureati in corso e con voti altissimi; benissimo, complimenti a loro. Però forse non hanno capito che le persone non sono tutte uguali. A me sembra che loro considerino quasi inferiore chi non raggiunge livelli eccellenti. E le loro dichiarazioni in materia sono del tutto fuori luogo.

      Rispondi
  • Matteo Verda

    Caro Francesco,
    sono d’accordo con te sulla questione della “valutazione morale” – passami il termine – di chi si laurea con qualche anno di ritardo: sono effettivamente fatti suoi quanto ci mette, può aver avuto tutte le ragioni del mondo per farlo e soprattutto rientra nella sua libertà farlo. Non ha senso che un esponente del governo ne dia una valutazione dispregiativa.
    Però vedo un altro problema: quello delle risorse scarse. Nel senso che fintanto che una quota molto alta di quello che costa l’iscrizione all’università è pagata con soldi pubblici (le tasse coprono solo una frazione del costo reale dell’istruzione universitaria), allora non c’è solo il diritto sacrosanto di tutti ad accedere all’istruzione, ma c’è anche il diritto dei lavoratori che pagano le tasse (e non parlo di quelle universitarie) a che il denaro pubblico sia speso nel migliore dei modi.
    Visto che i soldi non sono infiniti (e questo a prescindere dalla crisi), non si tratta di considerare il valore assoluto di dare a tutti la possibilità di andare fuori corso (che è indubbio e indiscutibile), ma di comparare questo valore con potenziali altri usi che di quel denaro possono essere fatti.
    Considerando il totale delle risorse pubbliche destinate all’università, forse sarebbe più produttivo per la società nel suo insieme destinarne una quota superiore a garantire il diritto a borse di studio per indigenti e una quota inferiore a garantire il diritto a tutti di andare fuori corso (il che si traduce necessariamente nel dover loro aumentare le tasse universitarie).
    Sulla questione degli studenti-lavoratori si aprirebbe poi tutto un altro discorso, che tralascio per ragioni di spazio.

    Rispondi
  • Pingback: Inchiostro » Blog Archive » Non solo ai fuori corso, le tasse universitarie potranno essere aumentate a tutti.

  • Sfigato

    Ringrazio il ministro profumo per avermi definito un “figlio di un problema culturale” e un “costo sociale”. In verità sono di poco fuoricorso e al massimo dovrei riuscire al laurearmi in medicina entro i 27 anni. Certo, avrei potuto finire molto prima. Per scelta personale ho studiato alcuni esami da diversi testi perchè non mi andava di usare le registrazioni dei professori in quanto secondo me non fornivano una preparazione adeguata. Non voglio un premio per questo, e sono disposto a impiegare più tempo per laurearmi, senza scuse. Ma almeno non giudicatemi male solo perchè sono fatto così. Il mio obiettivo non è la laurea ma la preparazione, perchè ho paura un domani di combinare guai e mandare qualcuno al cimitero. Spero di non esservi costato troppo, in fonodo le mie tasse le paga mio padre e non capisco il motivo di tutto questo astio. Massima stima per chi riesce a fare tutto bene e subito, ma se io ho bisogno di più tempo non credo che debba renderne conto ad altri al di fuori di me o di chi mi mantiene agli studi. Ce la sto mettendo tutta, a volte ho paura di sedermi agli esami perchè i prof quì da noi non sono proprio umanissimi, perciò non mi fa bene sentirmi dire che sono un cancro per la società. In fondo non ho mai rubato o ucciso nessuno, credevo di avere il diritto di scegliere quanto tempo dedicare alla preparazione. Va bene pagare le tasse, è ovvio. Ma lasciarsi offendere e denigrare così non lo accetto! Giudizi gratuiti, questo è quello che mi aspetto da chi governa! Bravo Profumo! Chissà perchè però lui ha impiegato sei anni a ingegneria quando il corso dura cinque. Vabbè, ma lui avrà una storia patetica da raccontare, come tanti altri. Io almeno ammetto che avrei potuto fare di meglio, ma spero di diventare un bravo medico e questo non si evince da quanto tempo hai impiegato a laurearti, ma da cosa ricordi anni dopo la laurea. Se proprio vuole aiutarci, perché non fa qualche controllo di qualità sui docenti? Perchè non rende la laurea abilitante? Perchè non rende il concorso per la specializzazione nazionale e TRASPARENTE?!!! Misusriamoci su quello che sappiamo, non su quanto siamo stati veloci, allora sì che si la società si evolverebbe.

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *