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MAFIE 2014: Donne e Antimafia

di Elisa Zamboni

Il Coordinamento per il Diritto allo Studio (UDU Pavia) insieme all’Osservatorio Antimafie Pavia, ha presentato anche quest’anno, alla sua decima edizione,  “Mafie – legalità e istituzioni” un ciclo di conferenze e incontri articolato in 4 serate, per la sensibilizzazione sul tema della lotta alla criminalità organizzata di stampo mafioso.

La prima serata, quella di lunedì 6 Ottobre, è stata dedicata al tema “DONNE E ANTIMAFIA” e ha visto come ospite la pm Alessandra Cerreti, sostituto procuratore presso la direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, a fianco del professor Enzo Ciconte docente di Storia delle Mafie Italiane.
Alessandra Cerreti diventa magistrato nel 1997 e, una volta entrata a far parte della Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura Tribunale di Reggio Calabria, prende le redini dei procedimenti “all inside” e “all clean” che hanno consentito l’arresto di 80 individui accusati di appartenenza mafiosa alla cosca Pesce e al sequestro dei beni di tale cosca. La sua presenza a “Mafie 2014” è proprio legata a queste procedure: “il magistrato deve mettere a disposizione delle persone la sua conoscenza – ha aperto così la pm – perché la gente dev’esser messa nelle condizioni di conoscere la realtà in cui vive”.
La ‘ndrangheta è un fenomeno criminale complesso che vede nella famiglia il suo punto di forza: il vincolo di sangue, infatti, àncora i componenti alla tradizione mafiosa e viene trasmesso solo per linea maschile. In questo contesto maschilista si inseriscono le donne, le quali hanno un ruolo fondamentale nel passaggio del vincolo mafioso: queste possono dunque ricoprire dei ruoli “basic” sino a veri e propri ruoli “operativi” in assenza degli uomini. La donna è dunque l’unico soggetto davvero libero della famiglia. In primis alleva i figli, spesso da sola, trasmettendogli i valori mafiosi. Porta le ambasciate da un detenuto all’altro mantenendo salda la comunicazione tra associati: ecco perché viene chiesta l’isolamento per i capi mafia. Spesso sono intestatarie fittizie di beni per evitarne il sequestro in caso di arresto del marito. E da qui, possono addirittura ottenere il pizzo o partecipare a faide e omicidi.
Quella che è la forza della ‘ndrangheta, il legame familiare, è potenzialmente la sua rovina: la donna infatti può decidere di interrompere il vincolo mafioso. Perché dovrebbe farlo? Tutte le donne che hanno collaborato con la giustizia l’hanno fatto per i figli, per salvarli da un futuro di morte, di carcere, di totale assenza di libertà.
Tra gli esempi vi è certamente quello di Giuseppina Pesce, le cui dichiarazioni sono state raccolte proprio dalla pm Cerreti. Questa donna di ‘ndrangheta, legata a un casato potentissimo e già accusata di estorsione, ha deciso di collaborare con la giustizia proprio per questa ragione. L’amore per i figli rende la collaborazione delle donne decisa e forte e dall’altro pericolosissima per l’associazione mafioda. Questa collaborazione infama la ‘ndrangheta “due volte”: la donna non è solo un occhio all’interno della cosca, come potrebbe essere un uomo, la donna dimostra che può sottrarsi al potere dei maschi e ciò mette evidenzia la debolezza della cosca. Ecco dunque come le donne potrebbero rivoluzionare gli strumenti in mano all’antimafia e scardinare la ‘ndrangheta dall’interno: “una madre che ama i propri figli, non la ferma nessuno”.

 Contatti:

Osservatorio Antimafie Pavia: osservatorioantimafiepavia.udu@gmail.com

Coordinamento per il Diritto allo Studio – UDU Pavia: coordinamentodirittoallostudio@gmail.com

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